Dare l’esempio e dare istruzioni chiare. “Aiutami a fare da solo” significa proprio questo e dovrebbe essere il motto di ogni caregiver che voglia educare i più piccoli in modo costruttivo ed efficace. “Sosteniamo il bambino per fargli sperimentare il successo”.

I bambini giocano, noi giochiamo d’anticipo
Come impara un bambino? Come apprende nuove autonomie? E se sbaglia?
Il tema è vasto, anzi vastissimo. Un punto fermo per non perdere la bussola è il caro “Aiutami a fare da solo” di Maria Montessori. Un inno all’autonomia, alla fiducia, al credere in se stessi.
Quando un bambino sta imparando qualcosa di nuovo, gli adulti di riferimento e i genitori possono essere di grande aiuto, diventando buoni osservatori e quindi buoni maestri.
Il segreto è nell’anticipare e nel rinforzare, concetti chiave della psicologia comportamentale che pone l’accento sulla messa in atto del comportamento adeguato, sostenendo il bambino in modo che possa sperimentare il successo.
Il rinforzo, ad esempio un complimento, un abbraccio, un regalo… (è stato Skinner, tra i più influenti psicologi del XX secolo, a parlarcene ed è inteso come conseguenza di un comportamento adeguato) serve proprio ad aumentare la possibilità che il bimbo ripeta quello che in gergo chiamiamo il comportamento target. Quindi che apprenda la nuova abilità con serenità e soddisfazione.

In questo senso, se è vero che i bimbi apprendono attraverso il gioco (ma non solo), allo stesso modo è vero che gli adulti possono imparare a giocare d’anticipo: quindi anticipare l’errore che può fare il bimbo in un certa fase evolutiva ed evitare che lo commetta. Certo, prima o poi un bambino scoprirà cosa significa sbagliare, ma se avrà un bagaglio di successi alle spalle avrà la capacità di reagire e riprovare.
Favorire il successo dei bambini per permettere l’apprendimento, e dunque il comportamento adeguato, risulta importante non solo ai fini dell’apprendimento stesso, ma per lo sviluppo di una maggiore autonomia e di un forte senso di adeguatezza.
Facciamo un esempio. Un bimbo piccolo non sa ancora lavarsi le mani da solo. Piuttosto che lasciarlo pasticciare al lavandino, o permettere che con si laverà le mani perché non è in grado, è meglio procedere per fasi: prima diamo le istruzioni, poi mostriamo come si fa, e infine permettiamo al bimbo di imitare quello che abbiamo appena fatto.
Il maestro/genitore/caregiver sarà fisicamente dietro al bimbo che sta imparando e lo guiderà, mano su mano, mostrando la sequenza necessaria a portare a termine l’azione. Ripetendo più volte questi gesti, mentre l’adulto piano piano lo lascerà fare senza più intervenire, il bambino arriverà ad acquisire l’autonomia di lavarsi le mani. Questo significa “Aiutami a fare da solo”. Lo stesso vale per imparare a salire e scendere le scale, versare l’acqua nel bicchiere, usare le forbici e così via…

Inoltre, dobbiamo evitare di sostituirci al bambino, permettere che sperimenti lui in prima persona come si fa qualcosa, ma sostenendolo mentre si fa. Non metterlo davanti all’insuccesso (che sarà più probabile se procederà solo per tentativi ed errori).
Sappiamo che i bambini sono in continua evoluzione e in costante adattamento all’ambiente circostante, e questo è reso possibile grazie all’apprendimento (delle autonomie, delle abilità sociali e relazionali, dell’autoregolazione emotiva, delle abilità di gioco, delle capacità linguistiche e comunicative…).
Tuttavia, spesso accade che alcune variabili esterne (come situazioni o persone non note) o interne al bambino (come stanchezza, fame, sete, paura o difficoltà specifiche) possano ostacolare l’apprendimento del comportamento adeguato, seguito poi dal rischio o dall’aumento della frustrazione del bambino, fino alla messa in atto del cosiddetto comportamento-problema (urla, pianti, lancio di oggetti…).
L’esposizione all’eccessiva frustrazione, dovuta dall’insuccesso, rischia di generare l’evitamento del comportamento adeguato e quindi della possibilità di apprendere oppure, nel peggiore dei casi, genera un vissuto di inefficacia e/o inadeguatezza. Eccessivi insuccessi daranno vita a pensieri erronei: il bambino potrebbe essere portato a dirsi: “non lo so fare”.
Un altro esempio: quando il bambino inizia ad articolare nuove parole, può essere funzionale che l’adulto verbalizzi (offrendo un aiuto imitativo) la parola corretta e il bambino la imiti. Ripetendo la parola o la frase (dipende dall’età), senza evidenziare l’errore. Ma ripentendo serenamente la giusta pronuncia della parola o della frase. Ancora, di fronte a situazioni più complesse, l’adulto può suggerire al bambino una richiesta di aiuto da dire in caso di bisogno: “Mi aiuti?”. Questo è un valido strumento per permettere al bimbo di comunicare con l’adulto e viceversa.

Ora torniamo un attimo al bicchiere d’acqua: una volta acquisita l’abilità, e quindi tolto l’aiuto dell’adulto, il bambino può comunque trovarsi davanti ad un imprevisto, come l’acqua che fuoriesce dal bicchiere. In questo caso l’adulto può rassicurare il piccolo, con frasi del tipo “stai tranquillo, puoi rifarlo” e può introdurre la cosiddetta condotta riparativa cioè prendere un panno e asciugare l’acqua versata.
In poche parole, i bimbi hanno bisogno di sperimentarsi e sperimentare il successo per poter apprendere. Diamogli fiducia e sosteniamoli nei loro tentativi, fianco a fianco. Fin quando avranno imparato, a fare da soli.