Sono solo tre parole, ma sono molto potenti. Sono la chiave per educare in modo responsabile ed equilibrato, con calma, ottenendo risultati.
Chiariamo subito che l’amorevole fermezza non ha niente a che fare con la debolezza, il sentimentalismo, la sdolcinatezza. Al contrario, è un principio educativo che ruota intorno alla capacità di mettere dei punti fermi “per proteggere l’integrità fisica, emotiva, morale, del proprio figlio”. Come si legge in “Invece di dire… Prova a dire” di Alli Beltrame, consulente famigliare, che ha creato un libro- prontuario assai utile, edito da Mondadori.
Clicca qui per ascoltare un’anteprima del libro disponibile su Audible
Scorrendo le pagine, scritte con l’insegnate Laura Mazzarelli, si capisce come sia non solo possibile ma auspicabile, nei dialogue adulto-bambino, passare dal Se al Quando:
il Se ammette l’ipotesi del contrario, laddove il Quando offre un messaggio chiaro, non negoziabile, e rispetta i tempi di reazione dei più piccoli.
Quindi proviamo a dire: Quando avrai finito di fare questo o quello e non, al contrario, Se finisci di fare questo o quello, possiamo giocare a palla. Il segreto è dare messaggi univoci, altrimenti ogni aggiunta o modifica risulterebbe disfunzionale, contraddittoria, sarebbe un rimangiarsi la parola, un comunicare in maniera incerta ed ambigua.

Un altro esempio: un bambino vuole uscire dal negozio senza giubbino, ma fuori fa freddo. Aspetta – dice il papà (o caregiver), metti prima il gubbino. No, risponde il bambino. Se non ti metti il gubbino non puoi uscire. Replica il papà. No, ripete il bambino. E così via…
In questo modo si creerà un vero e proprio braccio di ferro emotivo. Ora, proviamo a pensare cosa sarebbe potuto accadere se quel papà/caregiver avesse detto Quando ti metti il gubbino usciamo. Senza fretta, con amore e convinzione. Dando quei cinque minuti in più al bimbo per fargli accettare la regola.
È così che nel suo libro, Alli Beltrame ci suggerisce questo e altri trucchetti, ispirati a scene di vita quotidiana, con l’ausilio di vere e proprie vignette per acquisire, e poi usare, degli strumenti pratici per la gestione del rapporto con i minori.
Un’altra sfumatura dell’amorevole fermezza è la capacità di coinvolgere i bambini.
Il video qui sopra non è impossibile da vivere. Sembra uscito dall’incantato mondo del “Mulino Bianco” invece possiamo realizzare qualcosa di simile anche a casa nostra.
Come? Prima di tutto mettendosi alla pari con i bimbi e rispettando le loro esigenze e i loro diritti. Piccola paretnesi: i bambini sono portatori di diritti (non solo oggetto di cure) e ce lo ricordano la Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia, dell’89 ma sempre attuale, e la successiva carta deontologica di Treviso, rivolta in particolare agli operatori del mondo dell’informazione e della comunicazione, ma utile per tutti.
Dicevamo: amorevole fermezza significa anche provare a trasformare l’incombenza di preparare la cena, in un gioco, trovando del tempo per coinvolgere i più piccoli nelle nostre attività necessarie: “a scaricare la lavatrice e la lavastoviglie, stendere piccoli indumenti, togliere la polvere, mescolare e grattugiare in cucina”. Tuttavia queste attività devono essere “un piacere e uno stimolo, non un obbligo, né un esercizio continuamente sottoposto a correzione o critica”.
Basta un po’ di allenamento, ma il risultato è garantito, provato in prima persona!

Leave a Comment